di Jonas
La pesca alla trota lacustre a traina in Ticino si sa non essere una di quelle pesche da catture ogni cinque minuti, soprattutto nei mesi invernali con esche artificiali. Negli ultimi anni mi è andata piuttosto bene, quasi nessuna giornata senza catture, ogni anno qualche bella trota si è fatta vedere. Sarà stato solo per fortuna, forse per l’esperienza maturata, o forse per chissà quale altro motivo ma sembrava essere una costante ormai riuscire a fregare qualche trota.
Questo inverno è iniziato per me il 21 dicembre con l’ormai fedele compagno Jack. La prima giornata intera da poter dedicare a questi pesci a dire il vero è sembrata iniziare piuttosto bene, dopo poco più di un’ora abbiamo attaccato una bella trota, l’abbiamo tirata fin quasi a noi, ma all’ultimo ha avuto la meglio, a un paio di metri dal guadino dopo mille piroette e acrobazie varie è riuscita a liberarsi. Poteva essere l’inizio di una bella stagione, ma si è invece rivelato essere l’inizio di una serie di giornate e uscite che definirle "andate male" è quasi un complimento.
Siamo arrivati a superare abbondantemente le 80 ore di traina senza riuscire a portare in barca una trota di misura. Ne abbiamo prese un paio piccole, ne abbiamo slamate alcune, abbiamo persino preso un agone...ma niente trote di misura in barca. Una stagione catastrofica, da dimenticare, eppure qualcosa, non si sa cosa, probabilmente qualche forma di strana malattia mentale, ci ha portati ad arrivare al 1 marzo con ancora quella stessa speranza e voglia del primo giorno.
Nei giorni precedenti ci sentiamo, organizziamo l’uscita a coregoni aggiungendo però la trainata mattutina, ci crediamo! Arriviamo alla barca con le primissime luci del giorno, il giro da fare è già pianificato. Partiamo ed entriamo in pesca, 6 canne da traina con i loro rispettivi deviatori e in fondo alle nostre linee 6 ondulanti in cui per qualche motivo credo molto. Passa la prima mezz’ora, prima curva, arriva l’illuminazione. Dico al soci: “Vedrai che la prendiamo da parte a quella pianta là!” Ci passiamo da parte guardando le canne sul lato destro della barca, nulla. Poi ci giriamo verso il lato sinistro e il deviatore esterno è rimasto indietro, ma non sembra muoversi. Pensiamo ad un ramo, a qualsiasi tipo di cosa ma assolutamente non ad una trota. Con molta calma iniziamo a recuperare le canne interne. Poi prendo la canna in questione in mano e inizio un lento recupero, nessun segno di vita nei primi metri, però qualcosa che fa peso attaccato al filo c’è e si vede. Ho recuperato più di metà della distanza che mi divide dal deviatore quando all’improvviso il filo si muove e un pesce salta fuori dall’acqua. C’è! È una trota ed è pure carina!
Sale l’adrenalina, il recupero si fa ancora più attento e le gambe iniziano a tremare. Il deviatore arriva a portata, lo stacchiamo dal filo, a questo punto decidiamo di abbassare la velocità di traina al minimo per facilitare gli ultimi metri di recupero ma il motore non collabora e si spegne. Siamo alla deriva con la trota a una ventina di metri da noi. Recupero cercando di tenere la tensione ma cercando pure di non esagerare a forzarla. Si avvicina, è a forse cinque metri dalla barca quando inizia a divincolarsi e rotolarsi come solo le lacustri sanno fare. Cuore a mille! Si calma e riesco ad avvicinarla, ultimi tentativi di liberarsi accanto alla barca ma entra nel guadino! È fatta! Sembra incredibile, abbiamo infranto la maledizione, abbiamo una lacustre in barca! Siamo due pasque, gioia alle stelle! Ci si può esaltare così tanto per una trota di 45 centimetri? Evidentemente si! Dopo averci creduto per una novantina di ore mi pare più che giusto lasciarsi andare alla felicità più assurda.
Che dire, la pesca non è sempre gioia e soddisfazioni, ma quando queste arrivano cosa può esserci di meglio?
Grazie alla pesca, grazie ai pesci, quante emozioni!