La trota della vita!
di Jonas
È lunedì, ho solo un paio d’ore di lavoro sul pranzo, domani è la mia giornata libera, è tempo di pescare!
Decido di dedicare l’intera giornata alla ricerca di un bel pesce, la mattina lancio generosi jerk lungo il grande fiume, ho un bell’inseguimento che si conclude sotto i piedi con un attacco mancato, poco dopo una bella botta in piena corrente, ma nulla di fatto, la mattina si conclude senza catture. Nel pomeriggio riparto con motivazione direzione uno dei nostri laghetti al di sotto dei 1200 metri d’altitudine. Ci arrivo a metà pomeriggio, ho a disposizione quasi 4 ore. Inizio a lanciare, alternando velocità e profondità di recupero, cambiando esche, le provo tutte, ma non vedo ne sento nulla. Neppure le ultime luci del giorno mi regalano quello che sarebbe stato il primo pesce della giornata.
Poco male, non mi demoralizzo e inizio a pensare al giorno seguente, in cui decido di percorrere un paio di vallette alla ricerca di trote sicuramente meno grosse ma si spera un pelo più attive.
La sveglia suona come sempre a orari indecenti, fuori è buio pesto, in breve tempo sono in auto e sto salendo verso la meta prescelta. La faccio breve, la giornata si rivela molto divertente, con diverse trotelle viste e prese. La carica che ci voleva!
Arrivo a casa che ancora splende l’ultimo sole della giornata, mi sento strano, sento salire qualcosa dentro di me, è la sensazione che aspettavo da inizio stagione! Prendo il telefono e scrivo al buon Arno: "Domani mattina ci troviamo lì, mi sono ricaricato, è la mattina giusta!"
Ci troviamo puntuali al parcheggio e scendiamo in riva allo specchio d’acqua, che si presenta bello calmo, solo ogni tanto la superficie viene increspata da un leggero venticello.
Prime luci, primi lanci, prime bollate!
La carica sale ancor di più! Avrò fatto 5-6 lanci quando vedo una bella bollata, gli lancio vicino, inizio il recupero, niente sembra voler attaccare il mio ondulante, poi a metà recupero vedo un’altra bollata, più piccola, davanti a me, proprio sulla mia linea di recupero, appena arrivo con l’esca in zon sento una tocca, ma timida, un giro di mulinello e arriva una seconda tocca, più decisa, ferro, c’è! Niente di enorme ma riesco a portare a riva una bella trotella che mi fa scappottare e mi da ulteriore fiducia per la mattinata!
Continuo a lanciare, le bollate si esauriscono piuttosto in fretta, è stato solo un momento. Ma va bene così, non sono le bollate che sto cercando.
Passa più di un’ora senza più nessuna emozione, ma non smetto di crederci e di lanciare.
Il sole sta cominciando ad illuminare l’altro lato della valle. Arno, ancora incredibilmente a secco di catture si sposta qualche decina di metri più in là, io insisto con i piedi su quel sasso, che da subito mi ha detto qualcosa. Passa ancora mezz’oretta, sto guardando Arno che fa un lancio a un metro da riva e con il suo proverbiale c... classe ovviamente, ferra e guadina dopo averla estratta dai rami una bella trotella, scappotto riuscito anche per lui ma non c’erano dubbi!
Cambio esca, monto il mio Stucki Vagabond color persico e faccio un paio di lanci verso il punto in cui è appena uscito il pesce, nel caso in cui ci fosse un gruppetto. Niente.
Mi giro e lancio lungo l’altra sponda, a forse cinque metri da riva, inizio il recupero con un piccolo scatto, rallento, sento una stoppata che la metà basta, ferrata pronta e decisa come non mai. All’altro capo della lenza risponde con un paio di testate qualcosa che non può essere certo piccolo. Fiducioso nella mia attrezzatura, contrasto con forza le potenti testate e cerco di non lasciarla decidere la direzione da prendere, sapendo che sott’acqua si nascondono numerosi rami e sassi.
Sono in completa apnea. Ad un certo punto vedo il filo salire in superficie, spunta una testa enorme, che si scuote fuori dall’acqua per almeno cinque secondi, mi scatta in testa una scena, i delfini che da bambino ho visto durante uno spettacolo in un parco acquatico, torna sott’acqua ma dopo un paio di secondi ripete la scena con almeno trenta centimetri di corpo in verticale fuori dall’acqua.
Poi sembra calmarsi, si limita a cercare di nuotare nella direzione opposta a quella che sto cercando di farle prendere io. A questo punto probabilmente sull’orlo di una crisi respiratoria sento di nuovo ossigeno entrarmi nei polmoni e subito urlo: “È enorme!”. Con uno scatto che nemmeno Bolt ai tempi d’oro in un paio di secondi Arno percorre 50 metri di scarpata con canna e guadino in mano e mi raggiunge. Il pesce è ormai vicino, ma ci rendiamo conto che il guadino non è proprio quello che ci vorrebbe per le dimensioni di questa trota.
Primo tentativo dalla coda, appena entrano i primi centimetri il pesce scoda via. Secondo tentativo dalla testa, rischiamo parecchio ma oggi è la mia giornata e il pesce esce dal guadino con ancora l’esca ben piantata sulla sinistra del muso. Terzo tentativo, si arrende e in qualche modo entra nel guadino. È un pesce lunghissimo, piuttosto magro, forse per la vecchiaia o forse per chissà quale altro motivo, ma è impressionante! La coda sembra un pinna da sub, la testa è mostruosa, con quel becco ricurvo nella parte inferiore. Sono incredulo, scioccato, ma così soddisfatto! È la trota della vita, presa così, da riva, con un’esca artificiale. È tutto perfetto.
Mi faccio scattare qualche immagine da potersi guardare e riguardare chissà quante volte in futuro e poi via.
Per un attimo rimango lì, quasi stordito. Poi provo a fare qualche altro lancio, ma non ce la faccio, troppe emozioni, chiudo la canna, mangio qualcosa, metto tutto nello zaino e termino la mia pescata, oggi il lavoro passerà veloce come non mai.
Che dire, sarebbe bello avere questa sensazione più spesso, me lo sentivo che sarebbe successo qualcosa, una ricompensa enorme che mi motiva e mi ridà fiducia dopo un inizio stagione non dei più redditizi.
Credeteci sempre e la costanza verrà ripagata!
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