A pesca tra le bombe

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Era necessario andare fino in Gibuti per pescare? Decisamente no. Lo abbiamo fatto lo stesso? Ebbene sì. E per l’occasione, visto che il menu era gustoso, si è aggregata anche la mia compagna Vera, che quando usma l’avventura fatica a trattenersi. Soprattutto se la destinazione è più vicina all’equatore che non al circolo polare.

E quindi eccoci atterrare a Gibuti, capitale dell’omonima nazione, con una compagnia che somiglia l’inizio di una barzelletta: c’erano un francese, due (svizzero) tedeschi e cinque  (svizzero) italiani. Quello che sapevamo sul paese in questione non era molto, ma comunque abbastanza per capire che sarebbe stato meglio non andare in giro a fare i gianda. Si tratta di un piccolo territorio, grande come la Lombardia che, vista la sua posizione strategica sullo stretto di Bab al-Mandab tra Mar Rosso e Golfo di Aden, ospita un florido conglomerato di basi militari: Stati Uniti, Francia, Italia, Cina, Giappone. Ma sono ospiti anche Germania, Regno Unito e Spagna. Questa presenza porta con sé un divieto quasi totale di scattare fotografie, soprattutto di persone in uniforme, installazioni militari ed edifici in genere. Il paese è quasi totalmente musulmano, e le leggi sono piuttosto restrittive. Per fare un paio di esempi, non è consentito oltrepassare lo 0 per mille per quanto riguarda l’alcol al volante ed è previsto il carcere a vita per traffico di stupefacenti (cose che per fortuna non ci tocca).

Abbiamo deciso di affrontare questo viaggio perché Germano Vailati, noto ex portiere di calcio ora dedito alla pesca, l’ha proposto come alternativa al Sudan, dove la guerra interna iniziata nel 2023 ancora non è terminata, impedendoci un ritorno in zona. Guerra peraltro scoppiata due settimane dopo il nostro rientro, ma quella è un’altra storia. L’obiettivo erano i Giant Trevally (GT per gli amici, Carango Gigante in italiano) per i pescatori a spinning, e i Trigger Fish (Pesce Balestra) per i pescatori a mosca. Il progetto era quello di navigare tra le Seven Brothers Islands, che poi in realtà sono solo sei. Ma la MSY Elegante, il veliero che ci ha ospitati, non avrebbe retto il vento previsto per la settimana e abbiamo dovuto ripiegare sul Lac du Goubet, piccolo golfo unito all’Oceano Indiano da uno stretto passaggio che con il cambio di maree ospita correnti incredibilmente forti che creano un ambiente perfetto per la fauna marina.

Per noi pescatori con artificiali, la pesca è stata effettuata da piccole imbarcazioni, dalle quali abbiamo instancabilmente lanciato esche di medie dimensioni (15-20 cm) che andavano a simulare pesce foraggio in difficoltà: stickbait, popper, diving popper e jig metallici. Che tradotti in lingua comprensibile sarebbero pesciolini in resina/plastica, sia galleggianti che affondanti, e esche metalliche. Sebbene le fasi lunari non ci abbiano particolarmente aiutato in quanto l’assenza di luna comporta delle maree meno potenti e quindi meno corrente nel mare, qualche bell’esemplare è uscito, ma ci è mancato il pesce da sogno. Resta comunque impressionante, per chi è abituato a pescare in acqua dolce, la potenza che sprigionano i pesci di mare. Attacchi che ti strappano la canna dalle mani, una lotta immediata per evitare che finiscano tra i coralli taglienti che trancerebbero il filo, il peso e la forza da contrastare per avvicinarli alla barca. Scariche di adrenalina insomma, in un ambiente caratterizzato da acque di un turchese caraibico, un’assenza quasi totale di vegetazione, la possibilità di scorgere animali quali gazzelle e dromedari e (quasi) totalmente disabitato. In sette giorni abbiamo incrociato soltanto un paio di piccole barche di pescatori e la guardia costiera. Ma siamo stati tutt’altro che soli!

A rendere più complicata la pesca e a far nascere qualche preoccupazione, infatti, sono state le continue esplosioni che hanno accompagnato il nostro soggiorno, i passaggi raso acqua di aerei caccia, le esercitazioni notturne con annessi lanci di bengala che avvenivano a pochi chilometri di distanza. La vicinanza con lo Yemen e la situazione geopolitica attuale hanno ravvivato le simulazioni belliche e, come ben si sa, sott’acqua le esplosioni vengono percepite in maniera molto più potente che in superficie. Questo ha un po’ compromesso la quiete sottomarina e la pesca…cosa che, bisogna pur essere onesti, pare l’implicazione meno grave di tutta la faccenda. Una situazione che lascia un alone di angoscia!

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