La regina del fiume

Categoria : Fiume

Quando ci si diverte il tempo vola…e la stagione di pesca alla trota volge mestamente al termine. Resta per fortuna il tempo per sparare le ultime cartucce, in un periodo che di norma risulta essere valido per insidiare i salmonidi. Con l’arrivo dell’autunno e di temperature un po’ più fresche, i predatori tendono a fare un ultimo sforzo alimentare per mettersi in carne prima della frega e dei duri mesi invernali, e sono quindi a essere più attivi ed aggressivi. Succede nei laghetti alpini, ma anche sui fiumi, sui quali ci concentreremo per l’occasione.

Il Ticino grazie al cielo offre diversi fiumi di buone dimensioni, dove le trote riescono a raggiungere taglie interessanti. È vero che alcuni corsi d’acqua subiscono le conseguenze del rialzo delle temperature e dei deflussi di rilascio troppo esigui, e in alcuni tratti i pesci faticano parecchio a sopravvivere. Ma fortunatamente, nonostante la situazione non sia ideale, il problema non è per ora diffuso ovunque. E quindi cosa ci tocca fare? Trovare le zone più idonee, tentare la nostra fortuna e cercare di catturare la misteriosa Fario, la regina dei nostri fiumi.

Personalmente pesco poco sui fiumi, credo per una sorta di overdose patita in giovanissima età quando ogni occasione era buona per passare del tempo sui piccoli riali nei dintorni di casa. Quest’anno però, stimolato da una fantastica esperienza estiva in Groenlandia, ho riscoperto i motivi che rendono la pesca in corrente una sfida irrinunciabile. Nell’approcciarsi a questa attività, tanto per iniziare, bisogna cercare di rendersi il meno visibili possibile, in quanto le acque cristalline e poco profonde permettono alle trote di reperire i pericoli. Come secondo passo, è importantissimo leggere l’acqua e capire dove concentrare i propri sforzi: ostacoli che bloccano le forti correnti, buche profonde, cascatelle, anse, ecc. ecc. Terza parte, la scelta dell’esca, delle sue dimensioni e del suo colore, in base a cosa si vuole catturare e allo strato d’acqua al quale si mira. Nella fattispecie, la mia scelta cade su un minnow, ovvero una imitazione in balsa o plastica di un pesciolino. Come dimensione scelgo qualcosa di intermedio, che riesca a fare un po’ di selezione ed evitare così la cattura di esemplari troppo piccoli, ma non vado oltre gli 11 centimetri di lunghezza. Per quanto riguarda il colore, visto che con l’avanzare della stagione si abbandonano le tinte naturali per preferire l’utilizzo di toni più accesi, opto per delle nuance tra l’argento e l’arancione. Quarto e ultimo step, il tipo di recupero. Se in condizione di acqua fredda di inizio stagione è meglio presentare l’esca con movimenti più dolci, in estate e autunno ci si può sbizzarrire con animazioni più brusche e irregolari.

Ora non resta che armarsi di pazienza, tenacia e voglia di passare del tempo con le gambe nel fresco della corrente. Bisogna trovare il momento in cui le trote si mettono in caccia e avere la fortuna di passare dalle parti di un pesce che sia predisposto a risvegliare il proprio istinto predatorio. Per mia fortuna, nelle uscite effettuate, questo è avvenuto con una certa regolarità dandomi la possibilità di mettermi alla prova con trote di buone dimensioni. Va subito detto che più della metà dei pesci allamati sono riusciti a liberarsi nel combattimento. Ovviamente i più grossi (come pescatore non posso esimermi dal dirlo) sono quelli che sono riusciti a slamarsi e hanno ritrovato la via della libertà. La corrente, il fatto di pescare con ami senza ardiglione e i salti che questi forti e muscolosi pesci propongono rendono la vita del pescatore piuttosto complicata. Buon per loro insomma. Ma la soddisfazione di portare a riva anche solo alcuni di questi esemplari è immensa e ripaga gli sforzi fatti. La stagione è stata divertente, ma ora è tempo di lasciare le nostre amiche punteggiate alle gioie della riproduzione e concentrarsi sui grandi laghi.

Condividi